Sez. 3
Sent. 05872
del 19/05/98 (ud.26/03/98)
In tema di prelievo ed analisi delle sostanze alimentari deteriorabili, nel caso che risulti impossibile l'analisi di revisione il D.l.g. 3 marzo 1993 n.123 impone al laboratorio, che abbia accertato nella prima analisi parametri non conformi, di procedere d'ufficio alla ripetizione delle analisi limitatamente ai parametri non conformi, preavvisando la persona interessata.
Sez. 3 Sent. 06590 del 26/05/99 (ud.16/04/99)
Nella responsabilità del buon andamento igienico sanitario dei servizi ospedalieri posta dall'art. 2 del D.P.R. 27 marzo 1969 n. 128 a carico del direttore sanitario, rientra quella della vigilanza sul vettovagliamento della struttura sanitaria. Coerentemente al direttore sanitario, e non a quello amministrativo, compete il controllo della genuinità, conservazione ed eventuale livello di alterazione delle derrate alimentari utilizzate nel nosocomio.
Sez. 3 Sent. 08152 del 23/06/99 (ud.19/05/99)
In materia di controlli microbiologici sui prodotti alimentari deteriorabili, previsti dal D.Lgs. 123 del 1993, nessuna violazione può ravvisarsi quando l'interessato abbia ricevuto copia del verbale di prelevamento e rituale avviso della data di inizio delle operazioni di analisi, che abbiano rilevato la non conformità del prodotto, pur in carenza della cd. preanalisi (in via esclusivamente amministrativa), essendo questa finalizzata ad evitare inutili incombenze processuali nel caso che non fosse evidenziata alcuna irregolarità del prodotto.
Sez. 3 Sent. 00029 del 05/01/2000 (ud.24/10/1999)
In caso di procedura di revisione di analisi la comunicazione all'interessato ed al difensore deve riguardare l'inizio della procedura di revisione e non deve essere reiterata per ogni singolo atto della stessa che sia comunque noto alla parte ed al consulente tecnico di essa.
Articolo 2*
Sez.
3 Sent. 04137 del 03/04/98 (ud.23/02/98)
L'esercizio dell'attività di commercio
all'ingrosso di alimenti e bevande, implicante necessariamente quanto meno la
specifica fase di deposito delle sostanze alimentari, è sottoposta alla
disciplina dell'art. 2 della legge 30 aprile 1962 n. 283. Quindi l'esercizio di
tale attività senza essere in possesso della autorizzazione sanitaria
costituisce reato.
Sez.
3 Sent. 05592 del 14/05/98 (ud.12/03/98)
In tema di disciplina della produzione e
vendita di sostanze alimentari, una volta che la USL ha rilasciato il parere
favorevole, essendo stato già accertata l'esistenza dei prescritti requisiti
igienico-sanitari, l'esercizio dell'attività dopo tale parere non configura una
reale violazione dell'art. 2 della legge 30 aprile 1962 n. 283, dal momento che
il difetto del provvedimento formale di abilitazione, ormai dovuto, non
configura alcuna offesa all'interesse tutelato dalla norma.
Sez.
3 Sent. 05592 del 14/05/98 (ud.12/03/98)
La competenza ad emettere le autorizzazioni
sanitarie prescritte dall'art. 2 della legge 30 aprile 1962 n. 283 per
l'attivazione dei laboratori o stabilimenti di produzione e confezionamento di
sostanze alimentari non è assegnata da alcuna disposizione di legge o di
regolamento al sindaco quale ufficiale di governo o quale autorità sanitaria
locale. Ne consegue che la relativa competenza spetta ai comuni, che la
esercitano attraverso le unità sanitarie locali.
Il delitto di frode in commercio di cui all'art. 515 cod. pen. non viene assorbito, ma concorre con l'illecito amministrativo previsto dall'art. 44 della legge 4 luglio 1967 n. 580 sulla produzione di pasta alimentare di grano duro. Le due norme, infatti, riguardano due oggetti giuridici diversi, in quanto la norma di cui all'art. 515 cod. pen. tutela l'interesse degli acquirenti alla correttezza ed alla lealtà degli scambi commerciali, mentre le disposizioni della legge n. 580 del 1967 tutelano la salute pubblica e l'interesse pubblico alla regolarità nell'impiego di ingredienti destinati all'alimentazione.
Sez. 3 Sent. 01353 del 22/05/99 (CC.13/04/99)
Solo quando è necessaria una nuova autorizzazione, e cioè quando si procede alla variazione dell'ubicazione del laboratorio o delle sostanze alimentari prodotte, la mancanza della nuova autorizzazione sanitaria integra il reato contravvenzionale previsto dall'art. 2 della legge 30 aprile 1962 n. 283. Al contrario quando si procede ad una semplice modifica strutturale degli impianti o dei locali, non essendo necessaria una formale nuova autorizzazione, il difetto di una previa comunicazione o del nulla osta espresso o tacito integra soltanto l'illecito amministrativo previsto dall'art. 17 della legge 283 per ogni violazione delle disposizioni del regolamento.
Sez. 3 Sent. 12487 del 03/11/99 (ud.15/10/99)
L'ampia dizione dell'art. 2 della legge n.283 del 1962 comprende tutti i luoghi in cui la sostanza alimentare viene manipolata o sottoposta a qualsiasi trattamento, tanto sul piano della sua intrinseca consistenza che su quello esterno o formale. Pertanto, l'autorizzazione sanitaria è obbligatoria anche per l'allevamento di polli, in quanto la loro destinazione normale e finale è quella dell'uso alimentare, a nulla rilevando il diverso impiego che possa farne il singolo acquirente (Fattispecie nella quale la S.C., nell'enunciare il principio di cui in massima, ha rigettato il ricorso nel quale i ricorrenti deducevano trattarsi di un allevamento di polli non destinati ad essere offerti in vendita al pubblico, bensì ad essere ceduti ad aziende terze per poi finire ai macelli).
*Articolo depenalizzato dal D.Lgs. 507/99.
Articolo 5
Sez.
3 Sent. 03840 del 27/03/98 (ud.27/01/98)
La norma di cui all'art. 8 del decreto
legislativo 30 dicembre 1992 n.530, la quale detta disposizioni sulla
commercializzazione dei molluschi bivalvi vivi prescrivendo, in particolare, le
indicazioni che devono essere riportate sui colli delle partite destinate al
consumo umano diretto, e che è presidiata da sanzione amministrativa pecuniaria
ai sensi dell'art. 16 del medesimo decreto, non si trova in rapporto di
specialità con la norma incriminatrice di cui all'art. 5, lett. b), l. 30
aprile 1962 n. 283, sia per l'espressa clausola di riserva contenuta nell'art.
16 predetto (<<salvo che il fatto non costituisca reato>>), sia
perché il fatto tipico non è il medesimo, consistendo l'illecito
amministrativo nella omissione delle indicazioni prescritte a tutela del
consumatore e quello penale nella messa in vendita di sostanze alimentari
pericolose per la salute in quanto mal conservate o insudiciate; e se la
mancanza delle prescritte indicazioni non comporta per sé stessa che la
sostanza sia pericolosa per la salute, il pericolo per la salute dei consumatori
può riguardare anche sostanze che rechino le indicazioni dovute, ma si trovino
in cattivo stato di conservazione.
Sez.
3 Sent. 04487 del 15/04/98 (ud.04/03/98)
In materia di commercio di sostanze alimentari
contenenti residui di prodotti usati in agricoltura tossici per l'uomo, l'art. 5
lett h) della legge 263 del 1962, nello stabilire un divieto generale per il
venditore, ha inteso esigere comportamenti che non consistono in una rilevabilità
immediata, ma comportano oneri più impegnativi, in funzione della tutela del
bene primario che è la salute del consumatore; conseguentemente il venditore può
addurre la buona fede soltanto se provi di avere per suo conto posto in essere
ogni attività necessaria a garantire che il prodotto commerciato sia conforme
alle prescrizioni normative.
Sez.
3 Sent. 05528 del 12/05/98 (ud.23/03/98)
In tema di disciplina igienica dei prodotti
destinati all'alimentazione, la disposizione dell'art. 5 lett b) della legge 30
aprile 1962 n.283, che vieta di detenere per la vendita sostanze alimentari in
cattivo stato di conservazione non si riferisce, a differenza delle ipotesi
previste nelle successive lettere c) e d) alle sostanze alimentari già viziate
o alterate, ma a quelle mal conservate e cioè mantenute in stato di non buona
conservazione sotto il profilo igienico-sanitario, per cui vi è il pericolo
della loro contaminazione o alterazione. Pertanto l'inosservanza delle
prescrizioni igienico-sanitarie intese a garantire la buona conservazione del
prodotto è di per sé sufficiente ad integrare la contravvenzione in questione,
trattandosi di reato di pericolo presunto, che non esige, per la sua
configurabilità, un previo accertamento sulla commestibilità dell'alimento, né
il verificarsi di un danno alla salute del consumatore.
Sez.
3 Sent. 05750 del 15/05/98 (ud.03/04/98)
La sentenza di applicazione della pena su
richiesta delle parti è equiparata a una sentenza di condanna e i relativi
effetti penali sono elencati espressamente nell'art. 445, commi primo e secondo,
cod. proc. pen., sicché, qualora non sia diversamente disposto in maniera
espressa, essa comporta gli effetti che le sono connaturali, e tra questi la
necessità della sua valutazione al fine dell'ammissione alla sostituzione della
pena detentiva, secondo quanto disposto dall'art. 59 della legge n. 689 del
1981.(Fattispecie relativa a condanna per contravvenzione all'art. 5, lett. b,
della legge n. 283 del 1962, seguita a tre sentenze di applicazione della pena
"ex" art. 444 cod. proc. pen. per il medesimo titolo di reato, in
relazione alla quale la s.c., nell'enunciare il principio di cui in massima, ha
ritenuto che tra gli effetti della sentenza di patteggiamento vi sia anche
quello di cui alla lett. a) dell'art. 59, comma secondo, della legge n. 689 del
1981).
Sez.
3 Sent. 07193 del 17/06/98 (ud.07/05/98)
In tema di disciplina igienica dei prodotti
destinati all'alimentazione, il divieto previsto dall'art. 5 della legge 30
aprile 1962 n.283 opera anche per chi detiene sostanze alimentari contenenti
residui di prodotti usati in agricoltura per la protezione delle piante per
destinarle al commercio. È irrilevante, pertanto, che il commerciante sia
rimasto estraneo al processo produttivo nel quale i prodotti antiparassitari
sono stati impiegati, poiché, quale destinatario della norma, egli è tenuto ad
uniformarsi alla legge ad adottare la diligenza e la prudenza che il tipo medio
di venditore è tenuto ragionevolmente ad usare al fine di garantire la
corrispondenza dei prodotti destinati alla distribuzione alle imposizioni
normative. Pertanto il commerciante risponde a titolo di colpa in caso di non
rispondenza, incombendo sullo stesso l'onere di adottare ogni cautela che le
circostanze del caso e la natura del prodotto consigliano.
Sez.
3 Sent. 07214 del 17/06/98 (ud.14/05/98)
In materia di tutela dei prodotti alimentari la
impossibilità di penetranti controlli circa la regolarità del prodotto
importato può riferirsi al rivenditore al dettaglio, ma non certo
all'importatore. Quando un prodotto alimentare sia confezionato all'estero e
provenga da un produttore straniero, l'importatore che opera sul territorio
nazionale non può presumere l'osservanza da parte del produttore straniero
delle prescrizioni vigenti in materia al fine di prevenire il pericolo di frodi
o di danno alla salute dei consumatori; in tal caso pertanto non opera
l'esimente di cui all'art. 19 della legge 30 aprile 1962 n. 283 perché
l'importatore è tenuto a verificare direttamente, prima del compimento di
qualsiasi atto di commercio, la conformità del prodotto o dei componenti ai
requisiti stabiliti dalla legge, nonché la corrispondenza delle indicazioni
sulle etichette o sui contenitori agli ingredienti di cui il prodotto risulta
composto. (Nella specie la corte ha ritenuto fosse quantomeno necessario una
analisi a campione su un prodotto a rischio di parassiti).
Sez.
3 Sent. 08933 del 03/08/98 (ud.19/06/98)
la responsabilità a titolo di colpa del
venditore di prodotti alimentari sfusi facilmente deperibili sussiste tutte le
volte in cui il cattivo stato di conservazione del prodotto possa essere
accertato con controlli a campione facilmente eseguibili (nella specie,
eviscerazione di naselli), e non è esclusa dalla previsione legislativa di una
serie di controlli attribuiti dalla legge ad organi tecnici.
Sez. 3 Sent. 07054 del 04/06/99 (ud.20/04/99)
Il concetto di distribuzione per il consumo enunciato dall'art. 5 della legge 30 aprile 1962 n. 283, in tema di frodi alimentari ha riguardo all'immissione nel commercio del prodotto adulterato o comunque irregolare. Immissione che si verifica quando il prodotto entra nella materiale disponibilità dell'operatore commerciale (grossista o dettagliante) che lo fornirà ai consumatori.
Sez. 3 Sent. 08507 del 05/07/99 (ud.22/04/99)
I reati di cui agli artt. 515 cod. pen. e 5 legge 30 aprile 1962 n. 283 si pongono in relazione di specialità reciproca e possono pertanto concorrere. Infatti il delitto viene commesso da chi pone in vendita sostanze alimentari non genuine come genuine, ovvero di qualità o quantità diverse da quella dichiarata o pattuita. La contravvenzione è commessa da chi impiega nella preparazione del prodotto sostanze private in parte dei propri elementi naturali o mescolate a sostanze di qualità inferiore o comunque trattate in modo da variarne la composizione naturale. Inoltre nel delitto è determinante la consegna all'acquirente o la messa in commercio, mentre nella contravvenzione si ha riguardo al fatto intrinseco della preparazione o della distribuzione per il consumo. Infatti il delitto ha come oggetto la tutela giuridica della correttezza del commercio, la contravvenzione la tutela della salute.
Sez. 3 Sent. 09909 del 04/08/99 (ud.24/06/99)
Ricorre l'ipotesi contravvenzionale della detenzione di alimenti in cattivo stato di conservazione, di cui all'art. 5 legge 30 aprile 1962 n. 283, quando la loro congelazione o surgelazione sia avvenuta con modalità tali da non garantire la corretta conservazione del prodotto.
Sez. 3 Sent. 01331 del 04/02/2000 (ud.14/10/1999)
L'uso di coloranti non autorizzati nella confezione di sostanze alimentari è punito ai sensi dell'art. 5 lett. g della legge 30 aprile 1962, n.283 atteso che, a seguito delle modifiche intervenute con la legge 19 febbraio 1992, n.142, art. 57, è venuta meno la categoria dei coloranti, naturali o artificiali, che vanno pertanto compresi nella nozione di additivi chimici.
Sez. 3 Sent. 04743 del 18/04/2000 (ud.07/03/2000)
Per sostanze alimentari "comunque nocive" ai sensi dell'art.5, lett. d), della legge n.283 del 1962, devono intendersi quelle che possono arrecare concreto pericolo alla salute dei consumatori. Tale pericolosità, quindi, non è data dalla ipotetica ed astratta possibilità di nocumento della sostanza alimentare, ma dalla attitudine concreta di essa a provocare danno alla salute pubblica (Fattispecie relativa a pesce contenente mercurio. Nell'enunciare il principio di cui in massima la S.C. ha puntualizzato che il mero superamento del parametro previsto dalla legge e dal d.m. 9 dicembre 1993, non rappresenta di per sé sicuro indice di nocività del pesce in cui è stata riscontrata la presenza di mercurio, giacché tale nocività può essere desunta dal giudice anche da altri elementi, purché il relativo apprezzamento sia sul punto adeguatamente e logicamente motivato. Nella specie peraltro il reato è stato ritenuto sussistente sulla base della riscontrata presenza di una percentuale di mercurio quasi doppia rispetto a quella consentita).
Sez. 3 Sent. 07032 del 14/06/2000 (ud.28/04/2000)
Allorché nella condotta tenuta siano ritenuti sussistenti gli estremi della pericolosità per la salute pubblica, è esclusa l'applicabilità degli artt. 5 e 6 della legge n. 283 del 1962, restando le relative contravvenzioni assorbite nei delitti previsti dagli artt. 444 e 452 cod. pen.
Sez.
3 Sent. 08349 del 10/07/2000 (ud.04/05/2000)
La presentazione di salsicce fresche come composte da carne bovino-suina ma, in
effetti prive delle prima delle due componenti, non integra la sussistenza del
reato di cui all'art. 5 della legge 30 aprile 1962, n. 283, che vieta il
trattamento di prodotti alimentari in modo da modificarne la composizione: ciò
in quanto gli insaccati di pura carne di suino hanno maggior pregio rispetto
agli insaccati confezionati con altre carni o con mescolanza di carni di qualità
inferiore, nonché in conformità a quanto disposto dall'art. 55 R.D. n. 3298
del 1928 che vieta, nella preparazione degli insaccati destinati al commercio,
di mescolare carni appartenenti a specie diverse di animali.
Sez.
3 Sent. 09449 del 06/09/2000 (ud.15/06/2000)
Per la configurabilità della contravvenzione di cui all'art. 5 lett. d) della
legge 30 aprile 1962 n. 283 (disciplina igienica delle sostanze alimentari) è
indispensabile che il prodotto alimentare si presenti oggettivamente
"insudiciato" o, alternativamente, "infestato da parassiti"
ovvero"alterato", senza che tali circostanze possano essere desunte
dalle condizioni di conservazione dell'alimento, atteso che, trattandosi di
reato di pericolo, per la cui integrazione è sufficiente il pericolo di un
danno per la salute pubblica, la presunzione di pericolosità non può farsi
discendere dalla ulteriore presunzione che lo stato previsto dalla citata lett.
d) discenda dalle condizioni ambientali nelle quali l'alimento viene tenuto.
Sez. 1 Sent. 07112 del
25/05/2001(Civile)
La "vis attractiva" di cui all'art. 24 della legge 24 novembre 1981,
n.689 - il quale devolve al giudice penale la cognizione di infrazioni
amministrative dal cui accertamento dipenda l'esistenza del reato per il quale
è competente - non opera, nel procedimento penale di applicazione della pena su
richiesta delle parti, in presenza di un illecito amministrativo autonomo che,
seppure connesso al reato sotto il profilo teleologico, non ne costituisca parte
integrante né sotto l'aspetto oggettivo né sotto quello soggettivo, giacché
in tal caso, non costituendo la violazione amministrativa un elemento del fatto
- reato, l'accertamento richiesto nell'ambito dell'art. 444 cod. proc. pen., nei
limiti previsti dall'art. 129 dello stesso codice, non richiede né consente la
distinta valutazione in ordine alla violazione amministrativa. (Fattispecie
nella quale l'illecito amministrativo era costituito dalla somministrazione a
vitelli di allevamento - in violazione dell'art. 3 del D.Lgs. 27 gennaio 1992,
n. 118* - di sostanze ad azione ormonale, mentre il reato per la quale era stata
applicata la pena su richiesta delle parti era la contravvenzione di cui
all'art. 5, lett. a, della legge 30 aprile 1962, n. 283 in relazione alla
detenzione per la vendita di carni bovine trattate in modo da variarne la
composizione naturale mediante la somministrazione di dette sostanze; la S.C.,
nell'enunciare il principio di cui in massima, ha respinto la censura rivolta
alla sentenza impugnata, la quale, esclusa l'operatività della attrazione al
giudice penale, aveva ritenuto corretta la trasmissione degli atti effettuata
all'autorità amministrativa, la quale aveva così emesso l'ordinanza -
ingiunzione).
Sez. 1 Sent.
07112 del 25/05/2001(Civile)
In tema di sanzioni amministrative, l'operatività del principio di
specialità dettato dall'art. 9, terzo comma, della legge 24 novembre 1981,
n.689 - il quale prevede, nel testo sostituito ad opera dell'art. 95 del D.Lgs.
30 dicembre 1999, n. 507, che ai fatti puniti dall'art. 5 (e dagli artt.6 e 12)
della legge 30 aprile 1962, n. 283 si applicano soltanto le sanzioni penali,
anche quando i fatti stessi sono puniti con sanzioni amministrative previste da
disposizioni speciali in materia di produzione, commercio ed igiene degli
alimenti e delle bevande - postula che la violazione amministrativa in astratto
contestabile costituisca un elemento del fatto - reato, essendone parte
integrante; ne consegue che detto principio non scatta allorché illecito
amministrativo e illecito penale si riferiscano a due momenti distinti del
comportamento del trasgressore e tra di essi intercorra un rapporto, non di
identità, ma soltanto di connessione teleologica. (Sulla base dell'enunciato
principio, la S.C. ha ritenuto sussistente il concorso tra la condotta di
somministrazione a vitelli di allevamento di sostanze ad azione ormonale -
sanzionata a titolo di illecito amministrativo dall'art. 3 del D.Lgs. 27 gennaio
1992, n. 118* - e il reato di detenzione per la vendita di carni bovine trattate
in modo da variarne la composizione naturale mediante la somministrazione di
dette sostanze, punito a titolo di contravvenzione dall'art. 5, lett. a, della
citata legge n. 283 del 1962).
*Abrogato dal D.Lgs. 336/99
Sez.
3 Sent. 20903 del 23/05/2001 (ud.02/03/2001)
In tema di alimenti, la contravvenzione di cui agli
artt. 5 e 6 della legge 30 aprile 1962, n. 283, accertata nella forma
dell'immissione nel circuito distributivo di prodotti naturali (nella specie:
ribes) contenenti fitofarmaci in quantità superiori ai limiti massimi
consentiti dalle disposizioni ministeriali vigenti, è ascrivibile a titolo di
colpa al legale rappresentante di una cooperativa di frutticoltori, atteso che
il produttore deve assicurare, mediante analisi dei prodotti, la conformità
degli stessi alla legge, restando esente da colpa solo attraverso l'acquisizione
di certificazione attestante l'osservanza dei parametri richiesti per la tutela
della salute del consumatore, essendo irrilevante il fatto che i singoli soci
produttori della cooperativa si siano vincolati all'osservanza di un
<<protocollo>> di autodisciplina.
Sez.
3 Sent. 21377 del 25/05/2001 (ud.06/04/2001)
In tema di preparazione, detenzione o vendita di
sostanze alimentari, il superamento dei livelli massimi di progesterone nel
sangue bovino stabiliti con decreto ministeriale del 14 novembre 1996*
costituisce prova della sussistenza di un trattamento tale da alterare le qualità
naturali delle sostanze alimentari, sanzionato dal reato contravvenzionale
previsto dall'art. 5, primo comma, lett. a) della legge 30 aprile 1962, n. 283.
*Decreto Ministeriale 14 novembre 1996
Determinazione dei livelli fisiologici massimi degli ormoni sessuali di natura endogena estradiolo 17 beta, progesterone e testosterone nel siero o nel plasma di sangue bovino. (G.U. n. 24 del 30 gennaio 1996)
Sez.
1 Sent.
07112 del
25/05/2001
In tema di sanzioni amministrative, l'operatività del principio di specialità
dettato dall'art. 9, terzo comma, della legge 24 novembre 1981, n.689 - il quale
prevede, nel testo sostituito ad opera dell'art. 95 del D.Lgs. 30 dicembre 1999,
n. 507, che ai fatti puniti dall'art. 5 (e dagli artt. 6 e 12) della legge 30
aprile 1962, n. 283 si applicano soltanto le sanzioni penali, anche quando i
fatti stessi sono puniti con sanzioni amministrative previste da disposizioni
speciali in materia di produzione, commercio ed igiene degli alimenti e delle
bevande - postula che la violazione amministrativa in astratto contestabile
costituisca un elemento del fatto - reato, essendone parte integrante; ne
consegue che detto principio non scatta allorché illecito amministrativo e
illecito penale si riferiscano a due momenti distinti del comportamento del
trasgressore e tra di essi intercorra un rapporto, non di identità, ma soltanto
di connessione teleologica. (Sulla base dell'enunciato principio, la S.C. ha
ritenuto sussistente il concorso tra la condotta di somministrazione a vitelli
di allevamento di sostanze ad azione ormonale - sanzionata a titolo di illecito
amministrativo dall'art. 3 del D.Lgs. 27 gennaio 1992, n. 118 - e il reato di
detenzione per la vendita di carni bovine trattate in modo da variarne la
composizione naturale mediante la somministrazione di dette sostanze, punito a
titolo di contravvenzione dall'art. 5, lett. a, della citata legge n. 283 del
1962).
Sez.3
Sent.
34394 del 21/09/2001
(ud.05/07/2001)
In tema di successione della legge nel tempo, qualora la normativa posteriore
trasformi la previsione della sola pena detentiva in quella di pena alternativa,
quest'ultima deve ritenersi comunque più favorevole anche se accompagnata dalla
previsione di una pena accessoria non presente nella fattispecie incriminatrice
sostituita, in quanto la pena detentiva, ancorché in astratto soggetta a
sostituzione, conserva maggiore carattere afflittivo (Fattispecie relativa a
contravvenzione in tema di alimenti, per violazione dell'art.5, lett. E della
legge 30 aprile 1962, n. 283, come sostituito dal decreto legislativo 30
dicembre 1999, n. 507, che ha altresì introdotto nella legge citata l'art.12
bis contenente la pena accessoria della chiusura dell'esercizio commerciale).
Sez.
3 Sent.
37835 del
22/10/2001 (ud.19/09/2001)
In tema di commercializzazione di prodotti alimentari ortofrutticoli sfusi ai
fini della configurabilità del reato previsto dall'art. 5 della legge 30 aprile
1962 n. 283 è irrilevante che il commerciante sia rimasto estra-neo al processo
produttivo, atteso che anch'esso è destinatario del precetto penale che impone
l'adozione di ogni cautela al fine di evitare l'immissione in commercio di un
prodotto non regolamentare; ne consegue che la responsabilità può essere
esclusa solo ove, quantomeno periodicamente, siano stati eseguiti controlli a
campione su ciascuna delle categorie di prodotti acquistati per la rivendita o
sia stata richiesta al produttore la prova di tali indagini.
Sez.
3 Sent.
38690 del 29/10/2001 (ud.03/10/2001)
In materia di tutela alimentare, il reato di cui all'art. 5 lett. a) della legge
30 aprile 1962 n. 283, che punisce la produzione, preparazione e
commercializzazione di sostanze alimentari private dei propri elementi nutritivi
o mescolate a sostanze di qualità inferiori, costituisce ipotesi più grave di
quella di cui all'art. 36 della legge 4 luglio 1967 n. 580, concernente la
vendita e detenzione di pasta avente caratteristiche diverse da quelle stabilite
dalla stessa legge, con conseguente non operatività in tale ipotesi, in virtù
del disposto dell'art. 44, della generale natura speciale di quest'ultime.
Articolo 13*
Sez.
3 Sent. 04456 del 15/04/98 (ud.27/02/98)
L'art. 13 della legge 30 aprile 1962 n. 283
concernente la cosiddetta pubblicità ingannevole non risulta depenalizzato in
quanto l'art. 2 lett.d) della legge 29 dicembre 1990 n.428, nel dettare i
criteri informatori delle direttive C.E.E., stabilisce che i decreti delegati
(n.109 e n. 111 del 1992)possono prevedere sanzioni amministrative facendo salve
le norme penali vigenti.
Sez.
3 Sent. 05874 del 19/05/98 (ud.26/03/98)
In tema di tutela dei prodotti alimentari
l'art. 13 della legge 30 aprile 1962 n. 283, cosiddetta "pubblicità
ingannevole", si configura offrendo in vendita sostanze alimentari
presentate in modo da indurre in errore gli acquirenti circa la sostanza e la
qualità della sostanza stessa. (Nella specie la corte ha ritenuto integrare il
reato l'avere indicato fra gli ingredienti il burro in luogo della margarina).
Sez.
3 Sent. 08609 del 07/07/99 (ud.24/05/99)
La violazione dell' art. 13 della legge 30
aprile 1962 n. 283 costituisce tuttora reato, pur a seguito della entrata in
vigore del d.lgs. 27 gennaio 1992 n. 109, che ha soltanto aggiornato ed adeguato
alle direttive europee la normativa sulla etichettatura e pubblicità degli
alimenti. L'art. 13 attiene alla tutela igienico-sanitaria degli alimenti ed
alla protezione della salute dei consumatori, bene, quest'ultimo, che non trova
espressa tutela nel d. lgs. 109, volto ad evitare l'induzione in errore
dell'acquirente determinata da una etichettatura ingannevole.
Sez.
3 Sent. 10643 del 15/09/99 (ud.05/09/99)
È impropria e, come tale, idonea a rendere
configurabile il reato contravvenzionale di cui all'art.13 della legge 30 aprile
1962 n.283, la denominazione "formaggio per pizza" con la quale venga
posto in commercio un prodotto che risulti in realtà contenere non formaggio ma
grassi di origine vegetale; e ciò senza che in contrario possa rilevare che
trattisi di prodotto destinato ad essere prevalentemente acquistato da soggetti
professionalmente qualificati ("pizzaioli"), atteso che la norma
anzidetta intende tutelare ogni possibile acquirente di prodotti alimentari ivi
compresi, quindi, i soggetti summenzionati.
*Articolo depenalizzato dal D.Lgs. 507/99.
Articolo 19
Sez.
3 Sent. 07214 del 17/06/98
In materia di tutela
dei prodotti alimentari la impossibilità di penetranti controlli circa la
regolarità del prodotto importato può riferirsi al rivenditore al dettaglio,
ma non certo all'importatore. Quando un prodotto alimentare sia confezionato
all'estero e provenga da un produttore straniero, l'importatore che opera sul
territorio nazionale non può presumere l'osservanza da parte del produttore
straniero delle prescrizioni vigenti in materia al fine di prevenire il pericolo
di frodi o di danno alla salute dei consumatori; in tal caso pertanto non opera
l'esimente di cui all'art. 19 della legge 30 aprile 1962 n. 283 perché
l'importatore è tenuto a verificare direttamente, prima del compimento di
qualsiasi atto di commercio, la conformità del prodotto o dei componenti ai
requisiti stabiliti dalla legge, nonché la corrispondenza delle indicazioni
sulle etichette o sui contenitori agli ingredienti di cui il prodotto risulta
composto. (Nella specie la corte ha ritenuto fosse quantomeno necessario una
analisi a campione su un prodotto a rischio di parassiti).
Sez.
3 Sent. 08933 del 03/08/98
La responsabilità a titolo di colpa del
venditore di prodotti alimentari sfusi facilmente deperibili sussiste tutte le
volte in cui il cattivo stato di conservazione del prodotto possa essere
accertato con controlli a campione facilmente eseguibili (nella specie,
eviscerazione di naselli), e non è esclusa dalla previsione legislativa di una
serie di controlli attribuiti dalla legge ad organi tecnici.
Sez. 3 Sent. 06323 del 20/05/99
Quando un prodotto alimentare sia confezionato all'estero, e provenga da un produttore straniero non soggetto alla legge penale italiana, a carico dell'importatore è posta una responsabilità molto più specifica di quella del commerciante al dettaglio. Infatti l'importatore deve accertare la rispondenza alla normativa sanitaria dei prodotti con controlli non soltanto formali ed esterni, ma tali da garantire la qualità del prodotto anche se importato in confezioni originali.
Sez. 3 Sent. 08085 del 21/06/99
In tema di disciplina degli alimenti, per "confezione originale" deve intendersi ogni recipiente o contenitore chiuso, destinato a garantire l'integrità originaria della sostanza alimentare da qualsiasi manomissione e ad essere aperto esclusivamente dal consumatore di essa. Ed invero, quando i prodotti alimentari non sono confezionati in involucri o recipienti sigillati, che non ne consentono l'analisi senza il loro deterioramento o la loro distruzione, il commerciante o detentore di essi a scopo di vendita o somministrazione risponde a titolo di colpa della non corrispondenza del prodotto alimentare alle norme di legge perché, in tal caso, la merce è controllabile anche attraverso appropriate analisi, almeno a campione, dal che discende l'onere di porre in essere quelle cautele che la prudenza, le circostanze del caso e la natura del prodotto consigliano. Ne consegue che, ferma restando la responsabilità del produttore, il rivenditore o utilizzatore risponde della detenzione per la vendita o della somministrazione di sostanze alimentari insudiciate, invase da parassiti, in stato di alterazione o, comunque, nocive, a meno che esse gli siano state consegnate in confezioni originali sigillate, destinate ad essere aperte solo dal consumatore, le quali non rivelino esteriormente alcun vizio e per le quali l'analisi o qualsiasi altro appropriato controllo si risolverebbe, per la facile deperibilità del prodotto, nella non commestibilità di esso ed, in pratica, nell'impossibilità di immetterlo al consumo.