MINISTERO DELL'INDUSTRIA, DEL COMMERCIO E DELL'ARTIGIANATO

CIRCOLARE 12 marzo 2001, n.166

Istruzioni in materia di etichettatura e presentazione dei prodotti alimentari.

G.U. n. 66 del 20 marzo 2001- Vedere la circolare 167/2001

                                                                                                 Alle regioni e alle province autonome

                                                                                                 Alle aziende e associazioni
                                                                                                 professionali interessate

Con circolare n. 165 del 31 marzo 2000, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 92 del 19 aprile 2000, sono state fornite informazioni circa la corretta applicazione delle norme in materia di etichettatura dei prodotti alimentari nonché circa le relazioni esistenti con le norme metrologiche applicabili ai prodotti alimentari.

Con la presente circolare vengono forniti chiarimenti, in relazione a ulteriori quesiti pervenuti a questo Ministero ai quali si ritiene utile fornire risposta, trattandosi di problemi di interesse generale.

A) Gamme di volume.

1) Bevande spiritose.

Le bevande contenenti alcool etilico di distillazione di cui all'allegato 1, punto 4, del decreto-legge 4 luglio 1976, n. 451, come modificato dal decreto legislativo 25 gennaio 1992, n. 106, possono essere poste in vendita solo se confezionate nella gamma comunitaria di volumi ivi indicati.

L'adozione del regolamento n. 1576/89, con il quale sono state stabilite norme circa la designazione, la definizione e la vendita di talune bevande spiritose (contenenti, cioè, alcool di distillazione:

acquaviti, liquori, amari, bitter ed altre), e la relativa applicazione negli Stati membri stanno seguendo un indirizzo diverso.

In molti Stati membri la gamma obbligatoria in parola si applica solo alle bevande spiritose rientranti nel campo di applicazione del citato regolamento comunitario, alle bevande cioè che hanno un titolo alcolometrico volumico non inferiore a 15%.

Risultano attualmente in circolazione in ambito comunitario, pertanto, bevande di fantasia costituite da succhi di frutta o altri liquidi alimentari con aggiunta di alcool etilico o acquaviti (rum, whiski, grappa, ecc..) in misura inferiore al 15% e confezionate in contenitori generalmente utilizzati per il confezionamento delle bevande analcoliche, quali 275 ml e 330 ml.

Alla luce di quanto sopra, considerata anche l'accettazione di tale situazione da parte della Commissione europea, considerato che tali bevande così confezionate devono poter circolare in ambito comunitario e che anche le aziende italiane devono poter competere al riguardo con le aziende di altri Paesi, si precisa che la gamma obbligatoria, di cui all'allegato 1, punto 4, del decreto-legge n. 451/1976, come modificata dal decreto legislativo n. 106/1992, per quanto riguarda le bevande spiritose, si applica solo alle bevande disciplinate dal regolamento (CEE) n. 1576/89, aventi titolo alcolometrico non inferiore a 15% vol.

Di conseguenza tutte le altre bevande contenenti alcool etilico o acquaviti, aventi titolo alcolometrico inferiore a 15% vol, hanno libertà di gamma fino all'adozione di una specifica norma comunitaria.

2) Acque minerali naturali, acque di sorgente ed altre acque confezionate.

Il decreto-legge 3 luglio 1976, n. 451, come modificato dal decreto legislativo n. 106/1992, all'allegato 1, punto 8 a), ha previsto una gamma di volumi nominali per le acque, le acque minerali naturali e le acque gassate.

Tali volumi sono opzionali, nel senso che, in mancanza di specifiche disposizioni nazionali, possono essere utilizzati altri volumi, fermo restando che questi ultimi hanno diritto di circolazione comunitaria solo nei Paesi che li consentono.

In Italia, e solo per le acque minerali naturali, poi, è stato fissato il limite di 2 litri dall'art. 10, comma 4, del decreto legislativo n. 105/1992. Ciò significa che, salvo che per le acque minerali naturali (che, si ripete, non possono essere condizionate in contenitori di capacità superiore a 2 litri), possono essere utilizzati altri volumi fino a 10 litri, oltre quelli elencati alla colonna 1 del citato allegato del decreto-legge n. 451/1976.

Si portano degli esempi per chiarire meglio quanto sopra:

a) un'acqua minerale naturale può essere confezionata in contenitori da 1,250 litri e circolare sul mercato nazionale (dove non è prescritta una gamma obbligatoria, salvo il limite massimo di 2 litri) e nei Paesi che consentono tale volume;

b) un'acqua minerale naturale confezionata in contenitori da 3 litri non può circolare sul mercato nazionale (considerato il limite dei 2 litri), ma può essere destinata a mercati che consentono detto volume.

c) le acque di sorgente e le altre acque potabili, oltre ai volumi previsti dal citato decreto-legge n. 451/1976, allegato 1, punto 8 a), possono essere confezionate anche in altri volumi e circolare sia sul mercato nazionale che sui mercati dei Paesi che li consentono.

In relazione alle disposizioni comunitarie che hanno previsto la possibilità di immissione sul mercato di acque potabili confezionate, senza peraltro prescrivere una specifica denominazione di vendita, si ritiene, altresì, utile precisare che la denominazione "acqua minerale naturale" è una denominazione protetta e riservata. Pertanto non possono essere utilizzati, per designare altri prodotti, termini facenti parte di tale denominazione o simili, quale "acqua mineralizzata", suscettibili di trarre in errore il consumatore circa la natura dei prodotti. Le parole "minerale" e "naturale", riferite alle acque, sono riservate alle acque minerali naturali riconosciute dalle competenti autorità dei Paesi di origine, ai sensi delle vigenti disposizioni comunitarie in materia.

B) Acqueviti.

a) Il regolamento (CEE) n. 1576/89, all'allegato II, prevede, tra i prodotti a indicazione geografica, talune grappe regionali e la grappa di Barolo.

Il decreto del Presidente della Repubblica n. 297/1997, inoltre, prevede la possibilità di produrre la grappa di Barolo mediante l'utilizzazione delle vinacce del vino Barolo.

Nel primo caso la produzione deve provenire dalla distillazione effettuata all'interno del territorio comunale di Barolo di materie prime prodotte nel comune di Barolo.

Nel secondo caso la produzione di grappa di Barolo deve avvenire nel rispetto delle disposizioni al riguardo stabilite dal citato decreto n. 297/1997 per tutte le grappe ottenute alle stesse condizioni.

b) Lo stesso decreto n. 297/1997 ha contemplato la definizione di "acquavite", in quanto non prevista dal regolamento (CEE) del Consiglio n. 1576/89. La definizione data è la seguente:

"Per acquavite si intende la bevanda spiritosa ottenuta dalla distillazione di fermentati di sostanze zuccherine o saccarificate, in modo che la bevanda mantenga i principi aromatici delle sostanze fermentate".

Ai sensi di tale disposizione talune distillerie hanno avviato la produzione di nuove acqueviti, diverse da quelle contemplate dal citato regolamento comunitario. Si evidenzia al riguardo che il prodotto finito va posto in vendita con la denominazione "acquavite di" seguita dal nome della materia prima utilizzata, quale "acquavite di miele" ottenuta dalla distillazione del miele fermentato.

Dette acqueviti dovranno avere un titolo alcolometrico minimo non inferiore a quello minimo previsto dal citato regolamento comunitario e cioè 36% vol.

C) Carni bovine e bufaline.

La legislazione italiana (legge 4 aprile 1964, n. 171, art. 1, decreto ministeriale 3 febbraio 1977, articoli 9 e 10) prevede che le carni poste in vendita al consumatore devono riportare l'indicazione della categoria degli animali da cui provengono. Tali disposizioni sono da considerarsi non più applicabili, in quanto contrastanti con le regole dettate dal decreto legislativo n. 109/1992 per quanto riguarda le modalità e, per quanto riguarda la diversificazione delle carni delle specie bovina e bufalina, con i regolamenti (CE) n. 1760 del Parlamento europeo e del Consiglio del 17 luglio 2000 e n. 1825 della Commissione del 25 agosto 2000.

Alla luce di quanto sopra, viste le esigenze manifestate dalle organizzazioni professionali interessate di avere disposizioni quanto più chiare è possibile, si ritiene utile evidenziare che le carni bufaline sono espressamente comprese nella categoria delle carni bovine. L'indicazione della loro specie, pertanto, è da ritenersi facoltativa.

D) Oli vergini di oliva.

A ulteriore chiarimento di quanto evidenziato nella circolare n. 165 del 31 marzo 2000, si ritiene utile far presente che l'obbligo del preconfezionamento degli oli vergini di oliva non si applica, ai sensi del secondo comma dell'art. 7 della legge n. 35/1968, come sostituito dall'art. 26 del decreto legislativo n. 109/1992, agli oli vergini trasportati dai frantoi ai luoghi di confezionamento nonché ai produttori agricoli che hanno trasformato le loro olive presso gli stessi frantoi.

Nel caso di vendita diretta al consumatore da parte dei frantoi o dalle aziende agricole l'obbligo del preconfezionamento è assolto con l'applicazione sui contenitori di un'etichetta sulla quale figurino le indicazioni obbligatorie previste dall'art. 3 del decreto legislativo n. 109/1992. In ogni caso la chiusura ermetica non è da ritenersi obbligatoria per tale tipo di vendita.

Si evidenzia, infine, che il testo del comma 2 dell'art. 26 del decreto n. 109/1992, a seguito di errata corrige, risulta così formulato:

"La disposizione di cui al comma 1 non si applica quando venga trasferito olio di oliva dal frantoio al deposito del produttore e dal deposito di questi a quello del primo destinatario".

E) Precisazioni.

Si ritengono, infine, necessarie le seguenti precisazioni:

a) nella circolare n. 163 del 20 novembre 1998 (Gazzetta Ufficiale n. 293 del 16 dicembre 1998) - paragrafo X - per meglio rispondere alle effettive esigenze di controllo da parte degli organi addetti, il registro di lavorazione delle materie prime, di cui all'art. 10, comma 5, del decreto del Presidente della Repubblica 16 luglio 1997, n. 297, deve prevedere giornalmente i numeri dei misuratori e, solo al momento dell'accertamento, lo scarico delle relative materie prime utilizzate suddivise per tipologia di prodotti;

b) nella circolare n. 165 del 31 marzo 2000 gli esempi riportati al punto 5 preceduti dalle parole "ne sono esempi" sono casi di esenzione del QUID.

Roma, 12 marzo 2001

Il Ministro: Letta